Flatlandia, ovvero la ricerca di una conoscenza ulteriore
"Chiamo il nostro mondo Flatlandia, non perché sia così che lo chiamiamo noi, ma per renderne più chiara la natura a voi, o Lettori beati, che avete la fortuna di abitare nelloSpazio.Immaginate un vasto foglio di carta su cui delle Linee Rette, dei Triangoli, dei Quadrati, dei Pentagoni, degli Esagoni e altre Figure geometriche, invece di restar ferme al loroposto, si muovano qua e là, liberamente, sulla superficie o dentro di essa, ma senza potersene sollevare e senza potervisi immergere, come delle ombre, insomma - consistenti, però,e dai contorni luminosi. Così facendo avrete un'idea abbastanza corretta del mio paese e dei miei compatrioti. Ahimè, ancora qualche anno fa avrei detto: «del mio universo», ma ora la mia mente si è aperta a una più alta visione delle cose."
(Edwin Abbott, Flatland)
Un po' come accade nel Mito della caverna di Platone, chi ha vissuto solo di ombre difficilmente crederà all'esistenza della luce chiara e dei colori vivi. Flatlandia è un racconto arguto e ironico, che con sapienza unisce una riflessione sul conformismo della società inglese della seconda metà dell'Ottocento ad una originale lettura delle ricerche sulle nuove geometrie che si stavano sviluppando in quegli anni grazie a scienziati quali Gauss, Riemann, Lobačevskij e Bólyai.
Prova a dare una lettura a questo interessante commento sul testo di Flatlandia, o direttamente a qualche brano del libro e riporta le tue riflessioni a riguardo.
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