ARTE E SIMBOLO NELL'ARTE MUSIVA RAVENNATE
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Ravenna, Mausoleo di Galla Placidia - V sec. |
Il mausoleo di Galla Placidia risale alla prima metà del V secolo, si trova poco distante dalla Basilica di San Vitale ed è considerato,dal 1996, patgrimonio dell'Unesco. Secondo la tradizione Galla Placidia avrebbe fatto costruire questo mausoleo per sé, il marito Costanzo III e il fratello Onorio, ma quasi certamente non fu utilizzato come mausoleo , poiché le fonti riportano come essa morì a Roma nel 450 e lì fu sepolta nel Mausoleo onoriano. La pianta dell'edificio presenta una forma a croce latina, ed esternamente esso si presenta in semplice laterizio con la cupola nascosta da un tiburio a base quadrata, che si sopraeleva sulla copertura a tetto a due spioventi dei quattro bracci. L'interno è decorato da un ciclo di mosaici, risalenti al V secolo. Alla fine dei bracci si trovano tre sarcofagi in marmo, di epoca romana quello del braccio centrale, del IV e V secolo i due posti nei bracci laterali.
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Mausoleo di Galla Placidia - Il mosaico del Buon Pastore |
All'interno della lunetta che sovrasta l'ingresso del Mausoleo, è rappresentato il Buon Pastore, imberbe, vestito di una tunica dorata che si appoggia ad un'alta croce circondato dal suo gregge; è seduto e attorniato da sei pecorelle, tre per lato, che hanno lo sguardo posato su di lui ed una gli si avvicina per essere accarezzata. La scena è ambientata in un paesaggio di basse colline delineate sullo sfondo di alberelli e cespugli. La raffigurazione presenta molti simboli e la scena può, quindi, essere intesa come un'allegoria: come il pastore guida le sue pecore, così Cristo accudisce e protegge i fedeli.
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San Vitale - Giustiniano e la sua corte |
Giustiniano e la sua corte è un grande mosaico posto nel vano absidale della Basilica. Rappresenta l’imperatore d’Oriente Giustiniano circondato dai dignitari di corte e dai soldati, che è raffigurato mentre porta il pane per l’eucarestia e si avvia ad entrare in chiesa, guidando la processione dell’offertorio. Nel mosaico i personaggi sono ben distinti secondo il ruolo di appartenenza, ma l’unico riconoscibile, oltre all’imperatore, è Massimiano (alla sua sinistra), a quel tempo vescovo di Ravenna. La composizione ha un carattere ritmico, sottolineato dalla disposizione regolare delle figure. Il mosaico assume una precisa valenza politica: Giustiniano non è forse mai stato a Ravenna, ma l’opera ne legittima il ruolo e il potere tramite la persona riconoscibile del vescovo. La sacralità dell’imperatore è sottolineata dall’aureola posta sul suo capo.
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San Vitale, Teodora e il suo seguito - h mt 5.40
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Teodora e il suo seguito è un grande mosaico posto nel vano absidale della Basilica, nella parete opposta al mosaico di Giustiniano.Teodora fu sicuramente l’imperatrice bizantina più famosa. L'imperatrice non si recò mai a Ravenna, quindi il mosaico non rappresenta una scena reale ma esprime in modo simbolico l’unione tra l’Impero bizantino e la Chiesa di Ravenna, testimoniando la devozione dell’imperatrice Teodora al cristianesimo. L’abbigliamento di Teodora e il suo seguito rivela la ricchezza e lo sfarzo della corte di Costantinopoli. Nel mosaico le figure sono piatte, prive di spessore. I contrasti di colore risultano vivaci, perché il mosaico riflette la luce e crea superbi effetti di colore. La composizione risulta statica e solenne.
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Interno |
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Ravenna, Basilica di sant'Apollinare Nuovo |
La basilica fu fatta erigere dal re goto Teodorico nel 505 come chiesa di culto ariano, come sua chiesa palatina. In seguito alla conquista della città da parte dell'Impero bizantino nel 540, l'imperatore Giustiniano passò in proprietà della Chiesa cattolica tutti i beni immobili già posseduti dagli ariani. La basilica assunse il suo nome attuale solo intorno al IX secolo dopo che vi furono portate le reliquie di sant'Apollinare, primo vescovo di Ravenna. Si tratta di un edificio a tre navate, attualmente privo di quadriportico e preceduto da un portico o nartece, risalente al XVI secolo. Esternamente si presenta con una facciata a salienti, realizzata in laterizio. Nella parte anteriore destra rispetto alla Basilica, si innalza verso il cielo un campanile dalla pianta circolare, anch'esso in mattoni. Internamente, la navata centrale, larga il doppio di quelle laterali, termina con un'abside semicircolare all'interno e poligonale all'esterno. La navata mediana è delimitata da dodici coppie di colonne poste una di fronte all'altra che sorreggono archi a tutto sesto.
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Il Palazzo di Teodorico |
Sulla parete di destra della fascia inferiore della navata è raffigurato il famoso Palazzo di Teodorico, riconoscibile dalla scritta latina PALATIUM (Palazzo) nella parte bassa del timpano. Gli edifici interni rappresentati sono mostrati in prospettiva ribaltata. Tra una colonna e l'altra sono tesi dei drappeggi bianchi e decorati in oro, che coprono le ombre di antiche figure umane rimaste dopo che una parte del mosaico fu condannata alla distruzione: tutte le figure umane (quasi certamente Teodorico stesso e membri della sua corte) vennero cancellate e si notano ancora le ampie parti di colore leggermente diverso (a riprova di una ricostruzione avvenuta in un momento diverso) e le incontrovertibili tracce sulle colonne bianche, dove spuntano qua e là delle mani.
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Processione dei Martiri |
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Processione delle Vergini |
Le contrapposte processioni di Santi Martiri e Sante Vergini, (metà del VI secolo), sempre nel registro inferiore, furono eseguite nel periodo di dominazione bizantina ed evidenziano alcuni dei caratteri dell'arte propria dell'Impero d'Oriente. Le processioni dei Martiri muovono da Ravenna verso Gesù in trono fra angeli. La processione delle Vergini, preceduta dai Magi (indossanti brache, mantello e berretto frigio), muove dalla città di Classe verso la Madonna col Bambino fra angeli.
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Il porto di Classe |
Sulla parete di fronte il Palazzo è raffigurato il porto di Classe, che in quel tempo era il più grande di tutto l'Adriatico, nonché una delle principali sedi della flotta imperiale romana. Sulla sinistra, i tasselli del mosaico compongono la figura di tre imbarcazioni allineate verticalmente, che sostano sull'acqua azzurra e calma del porto, in un'insolita prospettiva "a volo d'uccello", che ne risalta l'ampiezza. Da ambedue parti esse sono protette da una coppia di alte torri in pietra. Continuando verso destra, si possono osservare le alte e possenti mura merlate cittadine, all'interno delle quali si intravedono vari edifici notevolmente stilizzati: un anfiteatro, un portico, una basilica, una costruzione civile a pianta centrale coperta da un tetto conico.
Arte e Simbolo si
possono considerare imprescindibili l’una dall’altro nella storia dell’umanità
fino dalle sue origini. Da quando l’uomo ha sentito la necessità di comprendere
la propria esistenza e il mondo che lo circonda, ha espresso ciò con l’ausilio
dell’arte. Ha realizzato manufatti che non avevano
soltanto una qualche funzionalità quotidiana,
ma che presentavano nella loro struttura parti che si collegavano a una realtà “altra“.
Il legame che si stabilisce tra arte
e simbolo porta a considerare il fare artistico come un linguaggio “esemplare“. Infatti, l’arte produce delle forme simboliche aventi funzione di
termini di riferimento, di “matrici”
di tutti i tipi di segni usati
per comunicare. Inoltre, l’arte può
essere considerata il linguaggio “esemplare” perché rende espliciti simboli che assumono
valori di “verità” e di “sacralità“; anche quando questi non
vengano più riconosciuti dal “sentire
comune“. La concretezza che l’arte dona
al simbolo rende
quest’ultimo strumento di
comunicazione. Questo costituisce uno degli aspetti fondamentali della
relazione tra arte e simbolo, riconoscibile
universalmente. In particolare arte e simbolo si uniscono per
rendere visibile il sacro nella
quotidianità. L’arte diventa
in tali casi l’attività per eccellenza produttrice di simboli, attraverso modalità diverse nel tempo e
nello spazio.
Tra il IV e il V secolo d.C. , in un
periodo di grande disfacimento politico e sociale, tra guerra, invasioni di
popoli stranieri abitanti nel centro e nell’est europeo, scorrerie di tribù
sbandate dedite a ruberie, incendi e saccheggi, vengono eretti a Ravenna
monumenti mirabili, che ancor oggi stupiscono per bellezza e fulgore. Furono
quelli, tempi anche di grande confusione religiosa, con eresie che
proliferavano e compromettevano la saldezza della fede cristiana, con lunghe
dispute teologiche sulla divinità e umanità di Cristo, sulla questione del
peccato originale, sul dominio del bene e del male nel mondo, ecc. I templi
ravennati vennero eretti quindi, come manifestazione della presenza sicura e
forte della fede in tanto degrado, come porto sicuro aperto alla luce della
speranza.
Per questo, e non certo per una ricerca puramente estetica, i templi vengono
arricchiti di preziose superfici musive: si rivestono di tessere vitree absidi,
cupole e volte, in una vasta rappresentazione sacrale e liturgica del mondo
ultraterreno, legati a motivi vetero e neotestamentari, alla simbologia
dell’Apocalisse ed agli episodi evangelici.
In genere oggi questi mosaici sono apprezzati ed ammirati per la loro splendida
bellezza, per l’iridescenza che fa sfolgorare i colori e vibrare le figure al
trepido movimento delle luci che penetrano dalle finestre; ma non era soltanto
questo l’intendimento di chi le realizzò, arricchendole inoltre di simboli che
alludevano a precisi momenti interiori, di fede, di speranza nella vita eterna,
di promesse celesti e di inviti alla virtù, alla morigeratezza dei costumi,
alla penitenza.
La lettura di questi mosaici perciò, al di là del primo e superficiale impatto
estetico, richiama un concetto ben presente nell’antichità: la bellezza come
strumento, sussidio e stimolo alla comprensione di valori più alti e sublimi,
indagati ed approfonditi mediante l’interpretazione del simbolo.
La visione dei mosaici ravennati, come peraltro anche di quelli presenti in
alcune antiche basiliche romane, ed in genere bizantini, esige diversi piani di
lettura e di conseguente interpretazione: uno storico-biblico, uno teologico,
uno simbolico ed infine, volendo, uno artistico-estetico.
Spunti di riflessione.........................
Non essendo possibile svolgere
dettagliatamente tutti questi aspetti, anche soltanto riferibili ai soli
mosaici ravennati, prova ad offrire una modesta sintesi interpretativa di alcuni dei simboli
ricorrenti nei mosaici ravennati, qui proposti,
ed in genere nell’iconografia cristiana di questo periodo.
Prof.ssa Maria Gabriella Gulli'
Prof.ssa Fausta Romeo
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